|
La chiave di lettura della scrittura egiziana fu trovata, dopo secoli di silenzio, da Jean François Champollion. I principi su cui si basava la scrittura geroglifica si erano persi nei primi secoli dopo Cristo. Notizie sull'argomento si hanno in un trattato scritto da un sacerdote egiziano, Orapollo, nel V secolo dopo Cristo. In esso però, oltre ad informazioni corrette, vengono date notizie confuse ed errate sulla scrittura. Soprattutto viene confermato il carattere simbolico dei geroglifici inducendo i futuri studiosi in errore. Passato il Medio Evo, con il Rinascimento, l'Egitto tornò nuovamente, anche se lentamente, alla ribalta. Uno dei primi studiosi della lingua egiziana fu, nel XVI secolo, il gesuita Athanasius Kircher. Studiò il copto e diventò una autorità in questa lingua ('Lingua Aegyptiaca Restituita'). Però la sua interpretazione dei geroglifici, basata sui preconcetti dell'origine simbolica dei segni, fu completamente fantasiosa.
Nel 1814 il fisico inglese Thomas Young studiò anch'egli la stele di
Rosetta partendo dal demotico che egli chiamava "encoriale"
(dal greco enchòria grammata: caratteri rurali). Ma il passo finale per l'interpretazione della lingua lo si deve a Champollion aiutato in questo, oltre che dal suo genio, dalla sua profonda conoscenza del copto. Champollion si dedicò allo studio dei cartigli reali della stele. Ma la conferma che i geroglifici potevano essere alfabetici venne da un altro documento bilingue: un obelisco rinvenuto nell'isola di File con una scritta in greco e geroglifico in cui si leggevano, nella parte greca, i nomi di Tolomeo e Cleopatra. I nomi dei due sovrani erano stranieri e quindi si pensava avrebbero dovuto essere scritti così come si pronunciavano nella lingua originale. Confrontando i due cartigli [PTOLMYS E KLIOPADRAT] Champollion si rese conto che, come si aspettava, alcuni segni - p o l - erano comuni nei due nomi . I due cartigli fornirono allo studioso 13 segni alfabetici per 12 suoni in quanto la T, per il principio dell'omofonia (rappresentazione dello stesso suono con caratteri differenti), era diversa nei due nomi. Con questo metodo il giovane francese seppe leggere altri cartigli di re stranieri, in particolare greco-romani: rimaneva però il problema della lettura degli antichi nomi dei re faraoni egiziani. Il 14 settembre 1822 Champollion ricevette alcune riproduzioni di bassorilievi provenienti dal tempio di Abu Simbel. Fu una in particolare che lo interessò:
Secondo l'alfabeto da lui trovato gli ultimi due segni rappresentavano due S mentre gli altri erano sconosciuti. Il primo però ricordava il sole ed egli lo lesse come in copto 'RA'. Aveva così ottenuto 'RA +?+SS'. Pensò subito a Ramesse dando così il valore di 'M' al segno centrale. Champollion trovò lo stesso segno nel cartiglio ove il primo segno era noto per rappresentare il dio Thot. Il nome doveva quindi leggersi 'Thot + M + S' cioè Tutmosis. La conferma definitiva della soluzione venne ancora dalla stele di Rosetta dove il segno dubbio faceva parte del termine 'genethlia' (compleanno). Il francese pensò al copto 'MISE'= 'Dare vita' e così potè non solo leggere ma anche tradurre il nome di Ramsete: 'RA LO HA GENERATO'. Il ragionamento del francese era esatto anche se il simbolo era in realtà un bilittero e si leggeva 'MS'. L'errore non era però sostanziale e la via per la decifrazione dei geroglifici era aperta. I risultati di questi lavori vennero presentati in documenti rimasti famosi: "Lettre a M. Dacier" nel 1822, nel "Precis du systeme Hiéroglyphique" nel 1824 e nella "Grammaire Egyptienne" pubblicata postuma nel 1836 e di cui alcuni esempi sono riportato nella apposita pagina. In seguito il tedesco Richard Lepsius (1810-1884) continuò gli studi di Champollion e integrò le sue teorie con corrette considerazioni sui segni sillabici completando così il lavoro iniziato dal grande francese. Per
completare la storia occorre ricordare:
|